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venerdì 9 novembre 2012

FROCI, NIENTE FRETTA: SIAMO ITALIANI!

Hollande e Obama (Foto levif.be)
L'America cambia, stravolge tutto: Sì ai matrimoni gay e sì alla cannabis.
Anche la Francia, come promesso da Hollande, dà l'ok all'unione fra omosessuali.

E' quasi sconcertante il fatto che in altri paesi ci sia il tempo per fare passi avanti a livello di civiltà e rispetto dei diritti altrui. In questo periodo di forte crisi economica ho notato che in Italia si tende a tralasciare qualsiasi altro aspetto che non riguardi il tasso di disoccupazione, lo spread, il precariato, in generale l'economia, anche a livello di pensiero. La mente dei cittadini è completamente occupata, in parte giustamente, sull'impellente necessità di risolvere il problema della crisi globale, imponendo al tempo stesso che tutti, nessuno escluso, pensi solo ed esclusivamente a quello. Ne viene fuori che altri paesi, altre democrazie, si evolvono cercando al contempo (udite udite) di risolvere il problema di cui sopra. Fra Senatori, Deputati, ministri, minestroni e tutta la combriccola italiana pare che non ci sia tempo per soffermarsi su altri problemi, fare due cose contemporaneamente. La politica è femmina solo sul dizionario, altrimenti sarebbe in grado, così come proverbialmente riconosciuto, di fare due cose contemporaneamente, al contrario dell'uomo.
"Adesso non c'è tempo per pensare a queste cose. Ci sono cose più importanti da risolvere." archiviano i giganti quando qualcuno prova a sollevare la questione.

Un problema per volta, per favore. Che non ce la facciamo. (Come se, quando c'era tempo, avessimo avuto voglia di occuparcene).


In un paese di Cristi e Madonne, di Macho e omofobia non ci sarà mai il tempo di soffermarsi su problemi del genere.

Diciamoci la verità: l'America è sempre stata un po' pazza, è un paese di esaltati e stravaganti. Vogliono assecondare lo sviluppo della droga e della perversione? Che lo facciano.
E la Francia, sì, è già più vicina a noi, molto, ma pensiamoci bene: quella lingua, quelle letterine a bocca stretta e quella "R" moscia hanno sempre evocato un che di frocio. Finocchio francese, appunto.
Allora va bene così, dai, anche stavolta abbiamo ragione noi: ITALIANS DO IT BETTER. 

venerdì 29 giugno 2012

PER COSA "KAISER" ESULTIAMO?

Italia 2, Germania 1. Gli azzurri trionfano e una nazione scende in piazza per festeggiare i suoi eroi appena sbarcati in finale; stamani i giornali esprimevano la loro più grande soddisfazione in linea con il loro stile editoriale. Probabilmente già a fine primo tempo, sul 2 a 0, alcuni giornalisti avevano iniziato a buttare giù un articolo mettendo da parte la scaramanzia in favore dell'allettante idea di risparmiare tempo per scrivere. a fine partita. Immaginate dunque quanto possano essersi sforzati gli editori di Libero e Il Giornale quando questa mattina hanno hanno avuto l'ardire di scrivere titoli a dir poco discutibili:



La stonatura più rilevante, a parte il cattivo gusto delle parole, è l'ossessiva interpretazione economica che viene assegnata ad una vittoria calcistica. Italia - Germania è Monti - Merkel. Calcio ed economia, non vedo come possano incastrarsi e concatenare i loro esiti.
E' chiaro che gli Europei quest'anno sono stati una piccola rappresentazione degli scontri tra imperi economici e piccole realtà di paesi in crisi, vedesi Grecia - Germania, dai più definita "Davide contro Golia", ma queste non sono altro che semplici associazioni mentali dei media, rappresentazioni immaginarie di una realtà che invece è pratica e tangibile. Per quanto possa essere divertente e importante per noi italiani il gioco del calcio, resta pur sempre netta la divisione tra ciò che è uno sport e la vita reale. Sono metafore che possono far gioire un paese, dimenticare per qualche ora o giorno i problemi personali, ma non possono seriamente essere comparate con altre situazioni decisamente più serie. 

Allora che senso ha fare un titolo contro la Merkel? Quello del Giornale, poi, è veramente osceno come titolo: Scherno antisportivo, derisione, assenza di stile e volgarità. Un gesto dell'ombrello stampato in neretto.

Può dare un po' d'entusiasmo, ma una partita non può risollevare le sorti di un Paese, diminuire uno spread, definire fallimentare una gestione economica - quantomeno non scellerata - della Germania.
Spinoza, il famoso sito internet dalla comicità irriverente e pungente, qualche tempo fa scrisse in merito agli Europei la battuta  "La Svezia è fuori dagli Europei. Beccati questo, Stato sociale!"

In qualche modo rappresenta tutto il comico paradosso del pensiero collettivo e che a quanto pare è radicato anche nei giornalisti, che invece dovrebbero esserne colpiti solo dal lato personale ma non professionale: rapportare una partita di calcio alla vita reale; decontestualizzare una vittoria e associarla a una realtà totalmente diversa. 
Finchè i giornalisti sportivi giocano con le parole e simbolismi per confezionare un articolo leggibile e interessante, può andare anche bene: ma non bisogna mai prendere tutto così sul serio. 
E' altresì vero che dalla fine della seconda guerra mondiale le partite di calcio sono state sempre più considerate come le battaglie che un tempo affrontavano i Paesi, le guerre virtuali tra le Nazioni per definire quale sia la più potente. Non per sminuirne il significato o spengere ogni entusiasmo, ma il calcio è pur sempre soltanto uno sport, seppur nazionale.
E parlando di guerre virtuali mi viene in mente quando giochi alla PlayStation e riesci a battere un torneo fra tutti i tuoi amici. Batti il tuo amico laureato, batti quello che è più bello di te, quello che ha una carriera lavorativa in ascesa. Li batti e ti senti qualcuno anche solo per un po'. Hai la soddisfazione di dire a te stesso "sono più forte di lui". Sai che la vita è un'altra, ma non ti interessa più di tanto. Tuttavia, non saprai manovrare la tua vita, ma sai benissimo maneggiare un joystick. Comunque per un attimo ti senti ardere dalla soddisfazione.





Ecco. Noi ieri abbiamo afferrato il joystick e abbiamo battuto una grande squadra. Abbiamo tutti il diritto di gioire per questa vittoria, ma mantenendo la consapevolezza che questo glorioso risultato rimane circoscritto nel'ambito sportivo.

Cosa c'entra tutto questo con lo Spread, gli Eurobond, l'evasione fiscale, il debito implicito ed esplicito?

Davvero Balotelli con la doppietta di ieri ha contribuito a risollevare il Paese? E in che misura?

mercoledì 9 novembre 2011

A CHI TOCCA IL CETRIOLO GLOBALE

C'è poco da ridere. Pur avendo usato una definizione del comico Corrado Guzzanti mentre, imitando il ministro dell'economia Giulio Tremonti, definiva la crisi un cetriolo globale che si aggira pericolosamente nelle parti basse, che cerca di posticipare il suo inesorabile arrivo, magari ai danni di qualche altro governo, stavolta la risata è più amara.
Ed eccoci al punto in questione: La crisi, dopo aver viaggiato in lungo e in largo, dopo essere stata nascosta, rimandata indietro, sembra essere definitivamente arrivata. Si sente già emanare il suo olezzo da quanto pare vicina. Dopo Grecia, Portogallo e Irlanda, ecco che anche l'Italia si affaccia sull'orlo preoccupante di un baratro profondissimo.
C'è poco da ridere, anche se in Italia già si festeggia l'imminente caduta del Presidente Berlusconi. Ricostruire un paese non è facile. Chi crede ancora nella politica, il cittadino, ha tutto il diritto di esultare. Il governo cade. Certo, non è un buon segno, ma almeno c'è una speranza di cambiare qualcosa, è un segnale forte per tentare un disperato (insperato) tentativo di rimanere a galla in questa economia fallimentare. Va bene, esultiamo, ma ricordiamoci di spengere il sorriso dalle bocche dei vari Bersani, Vendola e tutti quelli che in questi mesi hanno benparlato, affinchè si mettano subito a lavoro per salvare il Paese. Loro no, non hanno il tempo di esultare, devono darsi una mossa per il bene di tutti. Questa non è una situazione come le altre dove si vince e si ha modo di congratularsi a vicenda, sentirsi belli e bravi per la vittoria (per abbandono dell'avversario, per giunta). Bisogna remare fin da subito e sperare che il mare non sia ormai troppo mosso per portare in salvo la barchetta italiana.

La patata bollente, tanto per rimanere in tema di ortaggi, adesso passa nelle mani dell'opposizione. Speriamo che abbiano un programma serio, un'idea precisa, coesa, pronta da attuare. Risolutiva, magari.
"Berlusconi si deve dimettere!" rispondeva uno Sgommato Bersani alla domanda su quale sarebbe stato il programma del PD. Un'altra risata amara. Finora lo slogan principale è sempre sembrato questo.
Chissà come affronteranno la crisi globale, il cetriolo. Speriamo abbiano affilato i coltelli giusti per affettarlo. Ho già un certo languorino, non vorrei rimanere affamato.

lunedì 8 agosto 2011

LA SUORA E WILE COYOTE (di Massimo Gramellini)

Di seguito ripropongo un articolo curato dal giornalista Massimo Gramellini per LA STAMPA, in merito alla situazione economica mondiale dopo il recentissimo tonfo della Borsa:


Ho implorato un amico della redazione economica di spiegarmi che cosa sta succedendo. «Hai presente Wile Coyote sull’orlo del precipizio, quando si aggrappa a una roccia che fra un attimo si sgretolerà? Ecco, Wile Coyote siamo noi». Non ho avuto il coraggio di chiedergli chi è Beep Beep. Mi sono invece tuffato fra le agenzie di stampa, alla ricerca di qualcuno che mi rassicurasse sulla solidità della roccia. 1. L’ufficio banalità della Casa Bianca: «I mercati salgono e scendono». 2. L’euro-banchiere Trichet, quello col carisma di una gelatina alla frutta: «In Europa non c’è la decrescita, ma la decelerazione della crescita». 3. Il presidente del Consiglio, in conferenza stampa: «Le azioni Mediaset sono solide, se avessi dei risparmi li investirei lì». 4. Il presidente di un ente pubblico (il governo) invita i suoi associati (gli italiani) a comprare azioni di un’azienda privata di sua proprietà (mi scuso per la ripetizione, ma è come con l’ipnosi: la prima volta uno non riesce a crederci). 5. Il ministro della Chiarezza, Sacconi: «Di fronte a una giornata di tempesta dei mercati finanziari e mobiliari, l’Italia nella sua convergente dimensione istituzionale, economica e sociale vuole rispondere all’instabilità globale accompagnando il percorso di disciplina di bilancio già delineato con la maggiore crescita». 6. La vicepresidente della Compagnia di San Paolo, suor Giuliana: «A questo punto non ci resta che pregare».
L'unica ad avere una strategia mi sembra suor Giuliana.

Da La Stampa del 05/08/2011.

giovedì 9 giugno 2011

IL SILENZIO DEGL'INCOSCIENTI

Le date del Referendum: 12 e 13 Giugno
Premetto che non sto cercando di fare retorica e cadere nella banalità. Questo post non vuole far parte della catena di Sant'Antonio sul Referendum per informare quando saranno le votazioni. Credo sia risaputo che finalmente il 12 ed il 13 Giugno si andrà a votare, dopo tutta la pubblicità, le date sbagliate e l'informazione tardiva che ci sono state in questo periodo. Diciamo che, almeno in Italia, tutti dovrebbero sapere anche i motivi per cui è stato indetto un referendum cosiddetto abrogativo: l'acqua, il nucleare, il legittimo impedimento; per dire No si vota SI' e per dire Si si vota NO..
Sinceramente non sono interessato a spiegarvi i motivi per cui occorre mettere una X sul SI anzichè sul NO o  viceversa, perchè l'unica cosa che mi preme sottilineare è l'importanza del raggiungimento del Quorum, ovvero che almeno il 50% + 1 degli aventi diritto di voto faccia la sua parte da cittadino italiano e vada ai seggi. 
Non è necessaria la propaganda, non occorre che un partito suggerisca al cittadino cosa votare e perchè, credo e spero che ognuno agisca sempre con cognizione di causa senza sprecare, prima di tutto, il diritto di andare ad esprimere un proprio parere. E' comprensibile un clima generale di sfiducia per tutto ciò che riguarda la politica e i suoi rappresentanti, e "capirei" (tra virgolette) un assenteismo se l'oggetto della votazione di domenica e lunedì fosse l'elezione del nuovo personaggio politico, partendo dal sentimento ormai diffuso del "chiunque si voti si casca male uguale"; ma in questa circostanza i temi sono molto importanti e trovo impensabile che a qualcuno problemi tanto discussi e discutibili non interessino per niente.
Non concepisco come gli italiani possano essere così masochisti da buttare al vento il proprio denaro rendendo nullo un referendum. Il personale, i seggi, le schede, l'organizzazione.. tutto questo non è un servizio gratutito, bensì un insieme dispendioso di operazioni che vanno a gravare sulla finanza pubblica e conseguentemente sulle tasche dei cittadini.
Ma partiamo dai numeri, con i quali i motivi per cui si deve andare a votare diventano ancora più validi: 400 milioni di Euro di spesa pubblica per indire, gestire e controllare il referendum dei prossimi giorni.(fonte: yahoo finance) Milioni che potevano essere molto meno se fosse stato deciso di accorpare, ovvero unire, i 4 quesiti di dopodomani con le amministrative di qualche settimana fa. Ad ogni modo, questo denaro dovrà pur rifluire nelle casse dello Stato, pertanto ricadrà per forza sugli italiani.
Purtroppo non sono riuscito a trovare la fonte precisa, ma qualche giorno fa durante la trasmissione di Fazio "Che Tempo Che Fa" un ospite ha parlato della coscienza degl'italiani quando si tratta di evasione. Ha spiegato che gli italiani troppo spesso fanno l'errore di considerare lo Stato come un soggetto esterno, scisso dai cittadini, per cui quando qualcuno evade le tasse la cosa pare non importare perchè è lo Stato a rimetterci. Ma lo Stato siamo noi, l'evasore ruba a noi qualcosa che ci verrà sicuramente riaddebitato. Allora perchè permetterlo?
Chiudo questa piccola parentesi ben consapevole che il referendum e l'evasione fiscale sono due cose distinte, ma voglio cercare di estrapolare il concetto fulcro di tutto questo articolo, lasciando agli altri la dipartita tra il giusto e lo sbagliato, tra la destra e la sinistra: Il 400 milioni destinati al referendum sono nostri. Perchè mai dovreste pagare qualcosa per non utilizzarla? 
Il diritto di voto è sancito dalla Costituzione e con esso si ha la possibilità di dire che "io esisto, conto quanto gli altri e metto il mio voto. E per quanto stupida possa sembrare come definizione, anche un voto nullo è pur sempre un voto, un numero: qualcuno ha deciso (o sbagliato) così, ma almeno non è rimasto in silenzio ad attendere che gli altri prelevino soldi dalle tasche e decidano il loro futuro.