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giovedì 22 agosto 2013

NYdaily, giorno 10: UN ALTRO OSTELLO, UN'ALTRA IDENTITA'

La mia salvezza si trova sulla 106a strada*. Non solo perché qui vi è situato il mio ostello (l'ultimo di questo bel viaggio), ma anche perché questo ostello, per quanto bruttino, o perlomeno peggiore di quello precedente, ha almeno la connessione wifi gratuita.

Quindi adesso mi trovo qui, nella scrausa lobby di un ostello senza ascensori, con le docce in comune a chiusura a tenda, e con le porte che sono fuori asse, per questo si chiudono così male.
Ma non importa, domattina sarà il mio ultimo giorno pieno a New York e potrò svegliarmi ancora presto per sfruttarlo totalmente. Dico potrò e mi viene da sorridere, perché in realtà sarò costretto a svegliarmi per via della luce che fra qualche ora entrerà dalle finestre. Un consiglio: venite negli Stati Uniti e aprite una ditta di persiane. Qui nessuno le ha, sarebbe un grosso affare. Fidatevi.

Per avere una visione più romantica della vicenda, mi basta pensare di essere in uno di quei film americani, dove il protagonista spenge la luce e si addormenta con il volto illuminato dalla luna piena. E dorme pure beatamente.

Sto tergiversando, lo so, ma il fatto è che le cose da raccontare sono poche.
Stamattina sono partito alle 6 e 30 dal Canada, abbiamo passato i cattivissimi doganieri Statunitensi e abbiamo filato dritto verso New York, pranzando a un All You Can Eat buonissimo.

La metrocard che valeva per una settimana (30 dollari, corse illimitate) è scaduta, quindi ho pagato una corsa singola (2 dollari e 75) per arrivare a qualche blocco dall'ostello e poi proseguire a piedi.

Al ragazzo della reception è bastato il mio cognome per verificare l'esattezza dei dati e fornirmi le chiavi della stanza e tutte le indicazioni del caso. E' stato molto rapido e disponibile, solo che da oggi mi chiamo Vitor Luis e sono brasiliano. Nessun errore, il cognome è quello giusto. Il receptionist ha fatto spallucce, ha sorriso e da allora mi chiama così.

La camera in cui dormo è molto carina comunque. Ha anche una piccola scrivania, un divano, una poltroncina e tre letti a castello. Io ho quello che cigola. Sopra c'è un ragazzo australiano, Andrew (28 anni), che fuma in proporzione alla tosse che ha.

Dopo cena (una pizzeria lì vicino) nel giro di 10 minuti sono arrivati anche gli altri ragazzi con cui condivideremo la camera. Un francese (Floriant, 24 anni) al quale non ho potuto non chiedergli un'opinione su Materazzi e Zidane (è stato un vero e proprio scambio culturale); uno slovacco (Andy, 26), la copia sputata di Jared Leto, arrivato a New York per fare visita dopo un anno alla sua ragazza americana; un ragazzo di Taiwan (Chen, 25), un tipo tutto particolare, che si muove e sposta le cose con una meticolosità e una pazienza che mi disturbano; e infine un Thailandese iperattivo (24 anni, ma non ricordo il nome), che ha già risolto il problema legato al caldo della stanza azionando un condizionatore rumorosissimo.

Questo è, dunque. Una giornata di transizione in attesa di fare un ultimo saluto a Manhattan, visitare le ultime cose o ripassarsi quelle che più mi hanno colpito.
Domani sarà tempo di fare il punto della situazione, fare riflessioni e incamerare le esperienze più belle di questo viaggio.

Per ora vi do una calda/fredda/calda buonanotte.

Un saluto, dal vostro amico Vitor Luis Testa.


CONSIGLI DI UN VIAGGIATORE INESPERTO:

SCEGLIERE L'OSTELLO: Sono giunto alla conclusione che, quando si tratta di confrontare i prezzi di due ostelli tenendo conto anche dei servizi che offrono, è sempre meglio scegliere a prescindere quello che costa meno. Questo perché a mio parere in una città così grande trovare un buono o un brutto ostello è una lotteria: può darsi che vi vada male lo stesso, anche se è stato scelto quello con maggiori servizi ed è costata un po' di più. Quindi tanto vale risparmiare il più possibile e sperare che vada bene, o che non sia così pessimo.

AMICIZIA: Uno dei modi più semplici per fare amicizia in un ostello è partecipare agli eventi che esso organizza quasi ogni sera. Dall'uscita in un pub alla proiezione di un film, fino al Barbeque all'aperto, queste sono le opportunità che vi verranno offerte per conoscere subito nuove persone.

METROCARD: Le opzioni che offre la MTA, la compagnia che gestisce i trasporti newyorkesi, sono diverse e molto utili. Se avete intenzione di prendere spesso la metro fate il biglietto da 30 dollari (corse illimitate per 7 giorni); oppure la ricaricabile a partire da 9 dollari; infine la corsa singola (da 2 dollari e 50).

ALL'AEROPORTO JFK: Se all'andata per stanchezza e per non perdere ulteriore tempo avevate preso il taxi per arrivare a Manhattan, al ritorno (se non avete troppi bagagli) potreste provare a risparmiare arrivando all'aeroporto J.F. Kennedy con la metro + il treno. La linea blu (la E) e quella marrone (J e Z) sono quelle che giungono a Jamaica Center (voi però dovrete scendere a una fermata prima), poi potrete prendere il treno, l'Airtrain JFK, che vi porterà (al costo di circa 5 dollari) al vostro terminal.

* Questo è un post che avevo preparato e finito ieri notte, ma la connessione (tanto amata) ha deciso di punto in bianco di non collaborare più.

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giovedì 15 agosto 2013

#NYdaily, giorno 4: C'MON YANKEES!

Dopo il tour de force di questi giorni, fra musei, punti d'interesse e passaggi obbligati per turisti, oggi ho provato a entrare un po' nella cultura statunitense.
E ho scoperto una cosa: per me è totalmente impossibile da comprendere.

Prendi il baseball, per esempio. Nonostante sia indubbiamente uno sport lento e noiosissimo, lo Yankee Stadium oggi era incredibilmente pieno e, cosa ancora più sconvolgente, mi ha fatto anche divertire.
Credo che il motivo sia più che altro il contorno anzichè la partita in sé. A farci caso nessuno seguiva quei ragazzotti in pigiama che sul campo si aggiustavano il berretto, le scarpe, roteavano la mazza, si sistemavano il pacco e poi.. lanciavano. Ball! In pratica un nulla di fatto. Ricominciava da capo.

Nessuno seguiva, dicevo. C'era chi mangiava, chi beveva una bibita, chi chiacchierava, chi passeggiava intorno, chi urlava "pop corn!"; chi li prendeva. Chi disinteressato, con una scatola ripiena di roba fritta, si affacciava per vedere il risultato (o forse se giocavano ancora) e poi tornava a spruzzare l'hot dog di ketchup e senape.

Anche io e Marco (l'altro italiano che ho conosciuto in ostello) non abbiamo resistito alla tentazione di prenderci uno di quegli hot-dog lunghissimi. Ci mancava solo la mano gigante con il dito alzato, tipica del baseball, ma costava troppo per i nostri gusti.
E dire che, almeno io, non avevo fame. A colazione avevo preso un muffin enorme, rinforzato all'ora di pranzo da un panino chiamato "Montecristo".
Ma lo Yankee Stadium è coinvolgente. Non vi praticano sport, ma una manifestazione. E' una fiera a cui tutti, grandi e piccoli, possono partecipare. E in più, per chi proprio volesse, danno anche una partita di baseball.

Tra un tiro e l'altro il megaschermo incitava i tifosi ad applaudire, ad esultare o a sostenere la squadra. Alla fine di ogni Inning gli sponsor facevano partire un gioco. Una palestra di New York spingeva i tifosi inquadrati sul megaschermo a mettere in mostra i propri muscoli. Oppure un'organizzatrice di eventi mostrava gli auguri per il compleanno di un tifoso, o per il pensionamento o per l'anniversario. Mancava solo il momento "baciate quello accanto a voi", ma forse me lo sono perso io. Dev'esserci stato.

E' così strabiliante e al tempo stesso insensato. Tutto e il contrario di tutto. Pensi di andare a vedere una partita di baseball e ti ritrovi nel museo delle vecchie glorie, o a sognare di mangiare i popcorn burrosissimi o a chiederti "e se mi comprassi anch'io quella divisa a pigiama degli Yankees? In fondo costa solo 110 dollari..". E' segno che qualcosa non va. No, proprio non va..

Ora che ci penso: chi diavolo ha vinto?*

CONSIGLI DI UN VIAGGIATORE INESPERTO

OSTELLO IS THE WAY: Per risparmiare e poter spendere per le vie della città, consiglio l'esperienza in Ostello. Al contrario di quanto si pensi, molti di questi sono puliti, hanno un ottimo servizio e hanno uno staff molto disponibile. Inoltre New York è tutta da vivere e l'importante è avere un posto in cui dormire, non il servizio in camera di un albergo. La vita è fuori!

TIMES SQUARE: Confermo quanto detto dai miei amici. In questa piazza bisogna andarci solo di notte! Non che di giorno non sia bella, anzi. Però di notte fa tutto un altro effetto. E' caotica, luminosa: un'esplosione di luci e di colori. Veramente affascinante.

* Ho chiesto ora a un mio compagno di stanza (è giapponese, ma non parla bene l'inglese. Per questo lo chiamo Captain Tsubasa). Hanno vinto gli avversari, i Los Angeles Angels.

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