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mercoledì 23 maggio 2012

..PERCHÈ OGGI È PIÙ BELLO ESSERE ITALIANI!

Si concludeva così l'esaltante telecronaca di Fabio Caressa quando, vincitori dei Mondiali di calcio nel 2006, un trionfante Fabio Cannavaro si apprestava ad alzare la Coppa del Mondo.
È una frase che gli italiani pronunciano molto poco, a dire il vero solo in occasione di vittorie sportive. "Italiano" e "Fiero" non sono parole che si accostano troppo bene nelle bocche degli italiani: la lingua si annoda, le lettere s'intrecciano tra loro e le corde vocali rimangono bloccate. Difficile respirarne l'odore nelle strade, nei bar e fra la gente che parla dei problemi del paese. Tutto semmai è circoscritto alle regioni, alle città o ai movimenti: "Fiero" e "padano", "fiero" e "napoletano", "fiero" e "toscano".. ma della penisola proprio non ne vogliamo parlare bene, forse perchè, come disse Roberto Benigni in un intervento a Sanremo 2011, temiamo che il patriottismo sfoci nel nazionalismo e nell'estremismo politico. 
Anche. Oppure è per altri motivi.

Un murales con i giudici Falcone e Borsellino 


"Oggi è più bello essere italiani" è una frase che stona, soprattutto oggi che è il ventesimo anniversario della strage di Capaci, quella in cui persero la vita per mano della Mafia il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Proprio l'Italia, le cui mani sono macchiate del sangue di tanti omicidi e lavate da altrettanti Segreti di Stato, è la piccola impresa a conduzione clientelare/familiare della quale siamo costretti a fidarci per andarvi a comprare il pane. È indispensabile, è bella, è relativamente confortevole, ma la odiamo: ci alza i prezzi, ci ammazza, ci deruba e ci mente.
Per la strage di Capaci c'entrano anche i Servizi Segreti. Lo Stato. Non la Lombardia, non l'Emilia Romagna, non la Puglia, bensì tutto il paese. La mafia non è più in Sicilia, Regione già depauperata delle sue ricchezze, ma è un po' ovunque, è radicata nelle istituzioni, nelle vene di tutta la Penisola. Si potrebbe dire, cadendo nel più vile degli stereotipi, che la mafia è l'Italia. Come possiamo, allora, volerle bene?
Paolo Borsellino, anch'esso un magistrato e anch'esso ucciso dalla Mafia nella tristemente famosa strage di Via d'Amelio, in un'intervista disse: "Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d'accordo".
Questa frase è l'emblema della nostra storia: se tutto va bene, se non ci sono stragi, allora significa che stanno facendo affari entrambe le parti.

Sarebbe bello concludere con una frase così, con un messaggio così forte del giudice Borsellino, ma non è possibile: tra poche settimane partiranno gli Europei di calcio, allora i festeggiamenti, il tifo e i cori alimenteranno la speranza che la nostra Nazionale possa vincere l'ambìto trofeo. 

Allora sì, che sarà bello essere italiani.





martedì 26 luglio 2011

LA NON PAZZIA DI BREIVIK

E' la cosa che viene più spontanea pensare: è un pazzo. Per quello che ha fatto, per come l'ha fatto, per la freddezza con cui ha ucciso dei ragazzi che stavano passando un tranquillo week end nei campi estivi sull'isola di Utoya. E' un pazzo, non c'è altro modo per definirlo. A parte "killer", che però da troppa umanità al personaggio; a parte "mostro" che però non si identifica troppo con il personaggio così lucido e deciso. Quello che rimane è comunque un aggettivo strozzato che non riesce a descrivere perfettamente il Signor (e anche definirlo signore è una forzatura) Breivik, l'assassino che il pomeriggio del 23 Luglio si è presentato vestito da poliziotto, ha raccolto una folla di ragazzi al centro di un campo e ha cominciato a sparare. Un gesto folle, oseremmo pensare. No, ha continuato imperterrito nella sua pazzia (?) ad inseguire i superstiti per l'isolotto e a finire con un colpo in testa i ragazzi feriti, indisturbato per oltre un'ora. Che cos'è allora Breivik? Tutto fuorchè un pazzo. Non bisogna cadere nella tentazione di etichettarlo come una persona incapace di intendere e di volere, o un fanatico che ha perso la percezione della realtà ed ha commesso un gesto sconsiderato. La pazzia, per molti killer, è una forma di ultima chance per salvare la propria pelle o per far cadere un minimo di colpevolezza. Che cosa volete, è un pazzo, finirà in un manicomio criminale. 
E' quello a cui puntano molti avvocati quando vedono che non c'è più niente da fare, le prove sono ineluttabili e non sanno più come difendere il proprio cliente. L'ultima carta da giocare per ottenere un pò di sconto, o comunque per incanalare un processo verso una sentenza nei confronti di un malato di mente, è l'infermità mentale.
Ma Breivik non ha nessun deficit mentale. Il suo cervello funziona bene, anche troppo, ed è stato in grado di programmare un attentato colossale, una strage curata nei minimi dettagli. Dal 2009 progettava come compiere queste operazioni, ha raccolto armi, munizioni, appuntando tutto in quelle che adesso sono le memorie di quell'assassino. Ha fatto quello che era necessario, ha detto al suo avvocato in uno dei suoi primi incontri, per sconfiggere il multiculturalismo marxista che stava rovinando il paese. Con tutti quegli stranieri, gli islamici... Breivik è un tipo tradizionalista fomentato da errate interpretazioni di testi sacri e da letture politiche filonaziste. Tutt'ora vorrebbe presentarsi al processo in divisa, segno che le sue idee le ha ben radicate dentro la testa. 
Possiamo ancora considerarlo malato di mente? Ma cos'è la malattia mentale? Non certo un atteggiamento incondivisibile portato all'estremo delle proprie azioni. Le idee possono essere differenti per ognuno di noi, così il nostro modo di pensare o di agire, ma non per questo veniamo considerati pazzi oppure dei geni. Così anche gli assassini hanno diversi modi di agire e di pensare. Quello che fa veramente la differenza, quello che determina con ineccepibile certezza che quell'individuo è pazzo e l'altro no, è la logica coerenza dell'azione di una persona. La strage di Breivik aveva uno scopo preciso ed era spinto da ideologie xenofobe e naziste. Xenofobia: la paura dello straniero, che comunque non rientra tra le malattie mentali.
L'assassino sta dichiarando con tutto se stesso la sua intolleranza all'integrazione. Ha voluto lanciare un messaggio chiaro di resistenza alla globalizzazione, al miscuglio di razze diverse, soprattutto nella sua Norvegia. Il suo modo di pensare, per quanto sbagliato, segue un filo logico, al contrario di tanti altri assassini che sono colpito da raptus o presentano evidenti e disturbate malattie psichiche.

E mentre il mondo piange e ricorda le vittime di Utoya, qualche italiano pensa bene di esprimere un'opinione azzeccatissima (soprattutto a soli tre giorni dall'accaduto) con il cinismo ed il garbo di uno che parla di un indecente film horror in cui ha rilevato incongruenze. 
"Ma è incredibile come (...) ognuno pensi a salvare se stesso, illudendosi di spuntarla."
Ognuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, così come sto facendo io in questo momento, ma la differenza netta è che il suo è un giornale nazionale di rilevante importanza, il mio è un piccolo blog senza obbligo di autocensura. Inviterei caldamente il Signor Feltri ad aprire un suo blog personale, dove potersi dilettare con lo scrivere, senza scatenare putiferi, le sue affascinanti teorie antropologiche. (Leggi l'articolo)
Oppure l'altro italiano, Borghezio, quello che ritiene buone, se non ottime, le idee di Breivik. Ha condannato il suo grave gesto, certo, ma l'ha comunque preso come esempio giusto di ideologia. (Leggi la notizia)

Un ultimo punto: la legge norvegese. Detto da un italiano può sembrare un enorme paradosso, quindi lo riporto su un piano internazionale. Con quale criterio si danno 7 anni per l'omicidio di una persona, e se ne danno al massimo 21 (o 30, nel caso italiano) per quello di 90?
L'Isola di Utoya, teatro della strage.
La trovo una cosa insensata, uno sconto evitabile della pena. Non si può dare un forfait di anni di galera per l'uccisione di così tante persone. Se ne uccidi uno è omicidio premeditato aggravato dal movente eccetera eccetera.. ma se ne ammazzi 90 in più è strage. Come se la morte di ogni singolo ragazzo valesse la divisione fra anni di galera (21) e il numero di tutte le vittime (93): poco meno di 3 mesi. Come se qualcuno, fra quelle giovani vittime, non avesse incontrato gli occhi di ghiaccio dell'assassino, implorato pietà e accasciatosi a terra sotto i colpi mortali della mitraglia. No, è strage. Ed era un pazzo.